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PFAS: Le “sostanze eterne” sotto la lente dell’UE

Con il Regolamento (UE) 2025/718, pubblicato il 27 giugno, viene aggiornata la voce relativa al PFOS nell'Allegato I del Regolamento POPs, segnando un nuovo passo avanti nella strategia europea di eliminazione graduale delle sostanze più pericolose.

Negli ultimi anni, i PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) sono diventati il centro di un intenso dibattito scientifico, ambientale e normativo. La loro capacità di resistere alla degradazione ambientale ha portato a definirli “Forever Chemicals”, ovvero “sostanze chimiche eterne”, una definizione che sintetizza perfettamente il principale motivo della loro pericolosità: la persistenza.

Cosa sono i PFAS e perché non si degradano mai?

Le molecole identificate come PFAS a oggi sono ufficialmente 4 700, ma l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente degli Stati Uniti (EPA) parla di una stima di più di 12 000 sostanze diverse. La loro struttura chimica si fonda su uno dei legami chimici più forti conosciuti, cioè quello tra catene, più o meno lunghe, di atomi di carbonio legate ad atomi di fluoro. È proprio questo legame così resistente che li rende praticamente indistruttibili in natura: infatti, nessun batterio e nessuna reazione chimica ambientale riescono a demolirli.

I PFAS sono diffusi ovunque: si trovano in prodotti di uso quotidiano come padelle antiaderenti, indumenti impermeabili, cosmetici, dispositivi medici, vernici e pesticidi. Essi vengono rilasciati nell’ambiente da scarichi industriali, discariche, inceneritori e persino attraverso l’aria. I PFAS a catena corta si diffondono rapidamente nell’acqua e nel suolo, mentre quelli a catena lunga si bioaccumulano nei tessuti animali. In entrambi i casi, finiscono nella catena alimentare, raggiungendo anche l’uomo.

Anche in assenza di tossicità immediata, il problema principale dei PFAS è la loro persistenza ambientale: si accumulano nei corpi viventi e negli ecosistemi senza degradarsi, rendendoli sostanze intrinsecamente pericolose. Per questo, molti esperti chiedono una regolamentazione unitaria dell’intera categoria, per evitare sostituzioni con molecole simili ma meno studiate.

L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha recentemente stabilito limiti stringenti per quattro tra i PFAS più diffusi e studiati:

  • PFOA (acido perfluoroottanoico)
  • PFOS (perfluoroottano sulfonato)
  • PFNA (acido perfluorononanoico)
  • PFHxS (acido perfluoroesano sulfonico)

Queste sostanze sono associate a rischi per la salute, tra cui danni a fegato e reni, interferenze con il sistema immunitario e possibili effetti neurotossici.

Cosa prevede il Regolamento (UE) 2025/718?

In risposta all’evidenza scientifica crescente, l’Unione Europea ha avviato un processo di revisione profonda del quadro normativo sui PFAS. Un passo importante è rappresentato dal nuovo Regolamento (UE) 2025/718, pubblicato il 27 giugno 2025, che modifica l’Allegato I del Regolamento POPs (UE 2019/1021), aggiornando la voce relativa al PFOS, una delle sostanze storicamente più utilizzate e persistenti.

Le principali novità introdotte:

  • Allineamento della terminologia: La definizione è ora coerente con quella del PFOA: si parla di “PFOS, i suoi sali e composti correlati”, superando l’ambiguità della dicitura precedente.
  •  Limiti molto più restrittivi per la contaminazione accidentale (UTC):

o           PFOS come sostanza: limite abbassato a 1 mg/kg

o           Sali del PFOS: limite fissato a 40 mg/kg

Questi nuovi valori entreranno in vigore il 3 dicembre 2025.

  • Abolizione di esenzioni obsolete: È stata rimossa la deroga che permetteva l’uso del PFOS come agente antinebbia nei processi di cromatura dura, poiché ora esistono alternative tecnologicamente ed economicamente sostenibili.
  • Semplificazione normativa: Eliminati i riferimenti a specifici metodi analitici, con l’obiettivo di rendere il quadro normativo più uniforme e flessibile


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